Uno dei problemi che caratterizza il piano formativo dell’apprendistato professionalizzante riguarda la sua effettiva durata: problema che si presenta, soprattutto, per quei datori di lavoro che intendono esercitare il diritto di recesso al termine dello stesso.
Il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato che prevede un periodo di formazione iniziale, la cui durata varia a seconda della tipologia di apprendistato.
Durante il periodo di apprendistato il datore di lavoro può recedere dal contratto solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere liberamente dal contratto di apprendistato nel rispetto del preavviso. Si tratta di una ipotesi di vero e proprio recesso ad nutum, che non richiede per la sua legittimità la sussistenza di una motivazione. Di riflesso, se nessuna delle parti esercita questa facoltà, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Occorre, tuttavia tener presente che alcune disposizioni di legge o di contatto collettivo prevedono situazioni nelle quali risulta obbligatorio il recupero delle ore e delle giornate “perse a vario titolo”, ovverossia è previsto, in determinate ipotesi, il prolungamento del periodo di apprendistato, generalmente per la stessa durata della sospensione del periodo formativo.
La ratio di tale prolungamento va rinvenuta nel fatto che l’apprendistato è un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione ed alla occupazione dei giovani (art. 41 del D.L.vo n. 81/2015) e quindi la formazione del lavoratore deve rispondere e realizzarsi secondo il principio di effettività ( nel senso che la formazione è un elemento essenziale ed effettivo di tale tipologia contrattuale).
Esaminiamo quindi le situazioni che possono incidere su tale periodo di formazione e sulla sua relativa durata.
LE IPOTESI DI PROROGA DEL PERIODO DI APPRENDISTATO
In riferimento alla proroga del periodo di apprendistato, viene innanzitutto in rilievo il comma 5, lett. g, del D.Lgs. 81/2015 (T.U. Contratti), che prevede la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, di durata superiore a 30 giorni. Nell’eventuale silenzio da parte della contrattazione collettiva sullo specifico aspetto, secondo l’’indirizzo fornito, in via amministrativa, dal Ministero del Lavoro è che, le assenze da prendere in considerazione legate alla malattia ed all’infortunio siano di durata superiore a trenta giorni, intesa come periodo “unitario”, in quanto il piano necessita di continuità.
Il Legislatore affida anche alla contrattazione collettiva nazionale la possibilità di prevedere la proroga in caso di malattia, infortunio (in tal caso la contrattazione collettiva potrebbe anche stabilire un computo per sommatoria delle assenze) o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, di durata superiore a trenta giorni. Pertanto, la normativa legislativa va sempre coordinata con quanto possono disciplinare i contratti collettivi nazionali di settore.
La norma parla poi di “sospensione involontaria del lavoro”, riprendendo molto probabilmente un’analoga disposizione già presente nel D.L.vo n. 167/2011, che intendeva riferirsi però ad ipotesi di integrazioni salariali, le quali sono tuttavia espressamente richiamate dalla norma specifica contenuta nel comma 4 dell’art. 2 del D.L.vo n. 148/2015. In tale definizione non rientrano, di certo, le ferie, i permessi, i congedi per assistenza ex lege n. 104/1992, il c.d. “riposo giornaliero per allattamento”, ed altri istituti contrattuali ove la volontarietà appare evidente.
In riferimento alla maternità, il principio normativo è stabilito dall’art. 7 del D.P.R. n. 1026/1976, secondo cui “i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro non si computano ai fini della durata del periodo di apprendistato.” Va precisato che la norma non è stata inclusa nel TU Contratti, e lascia aperta la questione della fruizione congedi parentali, oggi usufruibili a giorni, o a ore.
Si può tuttavia ritenere che i congedi di questo tipo, concessi all’apprendista in costanza di formazione, non sembrano escludere la realizzazione degli obblighi formativi data loro limitazione temporale e quindi non incidono sulla durata del periodo formativo.
In riferimento invece agli ammortizzatori sociali, il comma 4, dell’art. 2 del nuovo D.Lgs. 148/2015 prevede che il periodo di apprendistato è prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite e ciò vale sia in caso di sospensione dell’attività che di riduzione delle ore.
In questo caso, la problematica principale consiste nella trasformazione delle ore in giorni, dove sembra più preciso utilizzare come riferimento l’orario contrattuale giornaliero del singolo lavoratore.
La norma infatti parla di ore ma il recupero va effettuato rapportando le stesse all’orario giornaliero svolto dal giovane.
A quanto appena detto va aggiunto, come detto in precedenza, il trattamento integrativo scaturente dall’ammortizzatore COVID-19, riferibile sia alla CIGO, che al FIS, che ai Fondi bilaterali che alla Cassa in deroga, per cui è stata prevista una proroga specifica anche per i contratti di apprendistato, per una durata pari al periodo di sospensione dell’attività in conseguenza dell’emergenza Covid-19.
Per ovviare ai problemi operativi sopra indicati, è necessario, alla scadenza originariamente prevista, comunicare al lavoratore, in termini chiari e netti, l’eventuale proroga dovuta a sospensione: in assenza di comunicazione, come ha sottolineato la Corte di Cassazione n. 20357 del 28 settembre 2010, il rapporto si stabilizza in un ordinario contratto di lavoro subordinato.
Inoltre se il datore di lavoro non tiene conto di tali obblighi legali o contrattuali e risolve il rapporto esercitando la previsione dell’art. 2118 c.c., la fase formativa dell’apprendistato non è terminata e non si può, quindi, parlare di risoluzione del contratto avvenuta al termine del periodo. In caso di impugnazione giudiziale, il recesso potrebbe essere considerato come illegittimo e ricondotto al giustificato motivo oggettivo.
Francesco Ugliano
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