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Si approssima la scadenza del 31 dicembre 2023, entro la quale i datori di lavoro devono valutare le scelte da compiere circa la corretta gestione del limite di 3.000 euro per i fringe benefit, previsto dalla legge di conversione del decreto Lavoro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico. Il decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023, convertito in l. n. 85/2023) al fine di incentivare il potere di acquisto e di ridurre il cuneo fiscale ha innalzato, per il solo anno 2023 e per i lavoratori con figli a carico, il limite di esenzione per i fringe benefit da 258,23 a 3.000 euro.
Con la circolare n. 23/E/2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni e i chiarimenti operativi che devono essere considerati dal datore di lavoro. Nel nostro ordinamento vige il principio c.d. della unificazione della retribuzione imponibile fiscale e previdenziale, con assoggettamento al prelievo contributivo dei redditi di lavoro dipendente sulla medesima base determinata a fini fiscali a norma dell’articolo 51 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi o TUIR), salvo specifiche deroghe giustificate dalla diversa natura del prelievo previdenziale.
Nella determinazione della retribuzione imponibile ai fini previdenziali però occorre tenere conto del regime di esclusione dalla concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente del valore normale dei beni ceduti e dei servizi prestati (c.d. fringe benefit) se, complessivamente, di importo non superiore, nel periodo d’imposta, alla soglia fissata dalla legge. Se si supera la predetta soglia, si realizza l’inclusione nel reddito di lavoro dipendente anche della quota di valore inferiore al medesimo limite e, conseguentemente, l’assoggettabilità per l’intero valore al prelievo previdenziale.
Il D.L. n. 48/2023 è intervenuto in materia di fringe benefit fissando un nuovo limite massimo di esenzione per i fringe benefit, includendovi anche altre tipologie di benefici. In particolare, l’articolo 40 del citato decreto ha disposto, per il solo periodo d’imposta 2023, l’elevazione fino a 3.000 euro della soglia di esenzione del valore dei beni ceduti e dei servizi che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 51, comma 3, del TUIR, e ciò solo in favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati. Si tratta di figli che possiedono un reddito complessivo, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro. Resta ferma la disciplina generale per cui, se il valore dei beni o dei servizi prestati risulti complessivamente superiore al limite previsto (a seconda dei casi di 3.000 euro o 258,23 euro (il datore di lavoro deve assoggettare a contribuzione l'intero importo corrisposto, ossia anche la quota di valore inferiore al medesimo limite. Quanto alle operazioni di conguaglio, nel caso in cui i compensi in forma non monetaria siano superiori alla soglia di esenzione, indicazioni operative sono contenute del messaggio Inps n. 3888 del 6 novembre 2023.