Poche settimane dopo la sentenza 6 settembre 2022, n. 26246, la Cassazione, in un caso avente a oggetto il mancato pagamento di maggiorazioni retributive derivanti da lavoro notturno e festivo, torna a pronunciarsi sul problema della decorrenza della prescrizione (quinquennale) dei crediti di lavoro nei contratti di lavoro a tempo indeterminato, consolidando l’orientamento secondo cui a seguito delle modifiche introdotte dalla legge Fornero (l. 92/12) e dal c.d. Jobs Act (d.lgs. 23/15), il rapporto di lavoro a tempo indeterminato non può più considerarsi assistito da un regime di stabilità, essendo la reintegrazione ormai relegata a strumento di tutela recessivo rispetto all’indennità risarcitoria; la nuova disciplina sui licenziamenti manca pertanto dei presupposti necessari a scongiurare il timore di un licenziamento ingiusto in capo al lavoratore che intenda far valere i propri diritti in costanza del rapporto di lavoro; conseguentemente, fintantoché il rapporto di lavoro non sia cessato, la prescrizione dei crediti da lavoro non può iniziare a decorrere, anche per le aziende con meno di 15 dipendenti.
Il precedente orientamento
Come noto, la giurisprudenza di legittimità in passato aveva ritenuto che, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione dei crediti di lavoro, occorresse tener conto del regime di tutela applicabile al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, distinguendosi tra le aziende in cui lavoratore poteva chiedere la tutela reale, se il datore di lavoro aveva piò di 15 dipendente ed aziende in cui il lavoratore poteva chiedere la tutela obbligatoria se il datore di lavoro non aveva più di 15 dipendenti.
Per le aziende con meno di 15 dipendenti, la decorrenza del termine di prescrizione veniva fatta coincidere con la cessazione del rapporto di lavoro. Viceversa, nei casi di applicabilità dell’art. 18, viste le maggiori tutele che accompagnavano il lavoratore, presumendosi che il lavoratore non avrebbe avuto timore di rivendicare i propri diritti, il termine di prescrizione iniziava a decorrere sin dal momento della maturazione del credito, decorrendo anche in costanza di rapporto.
Il nuovo orientamento giurisprudenziale
Tale ricostruzione esegetica è stata recentemente superata, in conseguenza delle modifiche apportate alla disciplina della tutela contro i licenziamenti illegittimi intervenute dapprima con la Riforma Fornero (L. 92/2012) e successivamente con il d.lgs. 23/2015.
Nella pronuncia in commento, infatti, la Corte ripercorre l’interpretazione appena descritta, rilevando come la stabilità del rapporto di lavoro si fondava sulla certezza delle forme di tutela che – in passato – il lavoratore e il datore di lavoro avevano in caso di licenziamento illegittimo.
La Corte ha attribuito particolare rilevanza al fatto che nell’attuale regime normativo le parti non hanno modo di conoscere ex ante il regime di tutela che verrà applicato in caso di licenziamento illegittimo, in quanto esso dipenderà da una valutazione – necessariamente ex post – rimessa al Giudice.
La tutela reintegratoria poi ad oggi è residuale, essendo relegata alle sole ipotesi di “insussistenza del fatto contestato” o “nullità del licenziamento”; quella risarcitoria, invece, è rimessa ad una valutazione molto libera del Giudice (soprattutto per i rapporti di lavoro più recenti, i cd. contratti a tutele crescenti di cui al D. lgs. 23/2015).
Alla luce di ciò, quindi, la Corte ha ritenuto che l’attuale disciplina non assicuri quella stabilità del rapporto di lavoro che, in passato, aveva consentito di posticipare la decorrenza del termine di prescrizione in costanza di rapporto. Di conseguenza, per tutti i crediti di lavoro che non siano prescritti alla data di entrata in vigore della Legge Fornero (18 luglio 2012) il termine di prescrizione di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. decorre a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro, allorquando il lavoratore potrà rivendicare i crediti relativi all’intero rapporto di lavoro, a prescindere dalla sua durata, dalle dimensioni dell’azienda e dal tipo di rapporto.
Si precisa, da ultimo, che anche la Direzione Centrale Coordinamento Giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1959 del 30 settembre 2022, con la quale in linea con tale recente orientamento giurisprudenziale, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dei crediti da lavoro, al fine di garantire al personale ispettivo una corretta adozione del provvedimento di diffida accertativa.
L’Inl in particolare ha chiarito che la prescrizione dei crediti oggetto di diffida accertativa i crediti (certi, liquidi ed esigibili) di cui il lavoratore dipendente è titolare è di cinque anni decorrenti dalla data di cessazione del rapporto di lavoro privato, con ciò ponendosi in linea con l’orientamento espresso dalla Suprema di Cassazione.
Carla Martino
Avvocato Giuslavorista ITALPaghe.com